Per parlare di AdWords, da consulente e contributor, passando per le docenze nei Corsi di Laurea, Master e Formazione aziendale.
Forse sono la persona che stavi cercando!

Hai bisogno del mio aiuto?
Il mio telefono: 347.5420046
La mia e-mail: testa@blubit.it

mercoledì 14 gennaio 2015

Lo stress da acquisto. Perché i clienti non comprano online?

Recuperando quanto scritto nelle slide dell'ultimo post sull'AdWords Summit 2014 a Milano, vorrei soffermarmi per qualche riga sull'ormai datato - ma sempre attuale studio - del Professor Steve W. Martin, che nel suo articolo sull'Harvard Business Review, Why Customers Don't Buy, descrive il comportamento degli utenti che pur soggetti alla volontà di compiere un acquisto online, poi non concludono l'acquisto stesso.

L'analisi si basa su un'unica verità, declinata in 5 punti, ovvero su quello che lui definisce lo "Stress da Acquisto". L'analisi è tanto vera online, quanto in realtà rintracciabile nella mancanza di compulsione di acquisto, che si ritrova per esempo quando si passa per vetrine o si entra in un mercato o in un grande magazzino, con l'idea di spendere qualche soldo, ma senza la necessaria e motivata intenzione di svuotare il proprio portafoglio.
Il problema della mancanza di acquisto non è infatti solo di carattere tecnico - vale a dire che in molti casi è il sistema carrello che fa di tutto per complicare la vita di chi vuole acquistare - ma è un problema di natura prettamemente psicologica. Uno stress appunto.

Stress da Budget
Primariamente Martin identifica l'inizio della catena di stress col nome "Stress da Budget". Vale a dire che l'utente ha effettivamente i soldi per poter acquistare il bene, ma non sa se è giustificato a spenderli. Si domanda quindi se il suo non diventi un acquisto impulsivo.
Questa cosa mi piace, mi "chiama", ma se mi fermo qualche istante a riflettere sulla sua necessaria presenza tra le mie braccia, rimango soddisfatto?

Stress Azienda / Cittadino
Non solo diventa un problema di auto motivazione all'acquisto, ma stante il punto uno, se questo acquisto probabilmente non è necessario, devo relazionarmi non solo con l'oggetto che sto per comprare, ma anche con le persone che compongono il mio biotopo. L'acquisto è necessario? In questo particolare periodo storico, spendere determinati soldi per acquistare tale oggetto, è sensato?

Stress di Organizzazione
A cascata. La percezione che quindi l'azienda e le persone hanno di me, determinano che possa apparire come un compratore compulsivo? Se io stesso non sono convinto di fare questo acquisto, come potrò difenderlo agli occhi di chi magari si presenta più parismonioso?

I primi tre punti sono interessanti, perché la determinazione dello stress, evidenzia chiaramente la reale mancanza di necessità di compiere tale acquisto. Non stiamo parlando di un utente che sta per comprare, perché è realmente interessato a quel prodotto e sa che il suo acquisto è utile o quanto meno consentito dalle sue finanze. L'utente, come avviene in molti casi, si sta solo ponendo il problema se tale acquisto è necessario.
Qua subentra la parte di stress riconducibile all'azienda che vende il prodotto. Che può aiutare il potenziale cliente a comprare.

Stress da Selezione dello Store
Alias "confusione". Tutti gli store sono uguali. Tutti gli store parlano nello stesso modo. Se ho passato i cancelli delle porte da 1 a 3, adesso devo capire dove comprare. Chi è più affidabile. Ma se le vetrine di questi negozi sono tutte uguali, dove dovrò comprare? Se sono tutti uguali, perché devo preferirne uno agli altri?

Stress da Informazione
Ma non solo quanto detto nel punto 4. C'è un altro problema. Se l'informazione è frammentata, unica, non riscontrabile online, magari con recensioni, il dilemma diventa di veridicità dell'informazione. Quanto leggo sul prodotto, sullo store, sulle normative e garanzie di acquisto, sarà vero?
Si parla quindi di FUD: fear, uncertainty, doubt (paura, incertezza e dubbio).
Se le informazioni non sono certificate (da altri), allora per default, potrebbero non essere vere. Se potrebbero non essere vere, più probabile che siano false.

Interessante quindi, secondo quanto espresso qua sopra, quanto dice in conclusione Martin: "... the vendors increase the pressure by injecting claims of their superiority and accusations about their competitors' inferiority...".
Cioè, tanto più nel sito, l'azienda parla bene di se stessa e magari male delle altre, tanto più dubbio creerà nel compratore.

Uno studio quindi che ritengo attuale a prescindere, in un mercato degli store online, che (ancora) molto poco dà importanza al potere dell'UGC (user generated content).

Per completezza, ecco il link all'articolo di Martin: Why Customers don't buy.

Nessun commento:

Posta un commento